Edizione 2022

EDIZIONE 2022

In leggerezza, con profondità: narrare senza paura.

Nel 1964 Italo Calvino scrisse che ogni nuovo libro letto in giovinezza è un nuovo occhio che si apre sul mondo modificando «la vista degli altri occhi o libri-occhi che si avevano prima». A distanza di più di cinquant’anni il mondo pare diventato terribilmente complesso, fitto di contraddizioni, a tratti inquietante e minaccioso, e le bambine e i bambini si affacciano su tale complessità sempre più precocemente, con o senza il permesso degli adulti. Per questo l’affermazione di Calvino indica ancora una possibilità importante, una strada possibile nell’ottica di costruirsi strumenti di comprensione del mondo ampi e articolati, adeguati alle trasformazioni radicali e repentine che stiamo vivendo: la via delle storie. Bambine e bambini hanno diritto all’evasione, nel senso più alto del termine, quello difeso da Tolkien, e alla felicità e gratuità del gioco e del piacere – la bellezza pura di un verso o di un’immagine, un’efficace trovata narrativa – ma al tempo stesso hanno anche il diritto all’onestà, come avrebbe detto Maurice Sendak, al fatto che la vita non è fatta di sola luce ma anche di ombre: intessuta d’amore, se si è fortunati, di gentilezza e di meraviglia, ma anche di difficoltà e di tristezze, di frustrazioni e di conflitti, tra persone, popoli, paesi, visioni della vita. E le storie offrono occasioni fondamentali di decentramento culturale e cognitivo, insegnano ad assumere come proprio lo sguardo altrui, a camminare per un po’ – per la durata della lettura e a volte anche dopo – con le scarpe di qualcun altro, imparando ad aprire nuovi occhi sul mondo, come scriveva Calvino, e dunque a disporsi all’ascolto, a un ascolto più attento di prospettive che non siano le proprie. Proprio come lo specchio di Medusa, la letteratura consente di guardare anche l’inguardabile attraverso lo schermo della finzione narrativa (verbale, visuale o verbo-visuale), ovvero grazie al potere di una rappresentazione capace di coinvolgere tanto intensamente chi legge da fargli sperimentare sulla propria pelle – sebbene a distanza di sicurezza – quanto vissuto dai personaggi. E così facendo apre la strada all’empatia, favorendo la possibilità di costruire ponti tra forme diverse di esperienza del mondo e della vita. La letteratura educa ad ascoltare e a guardare più attentamente, senza fretta e dunque più profondamente. Ma lo fa solo quando racconta storie «boscose» e non prediche, per dirla con Giuseppe Pontremoli, storie in cui ci si possa perdere, rapiti dallo charme del racconto e dal piacere che ne deriva, ma nelle quali, pure, è possibile riconoscersi, e ritrovarsi. Storie
caratterizzate da densità simbolica, dunque, e che parlino della dimensione interiore, storie che facciano ridere e storie che facciano piangere, storie che facciano arrabbiare e storie che consolino: storie – soprattutto – che facciano pensare di avere a che fare col reale, ma che non
pretendano di spiegarlo. Il diritto alla leggerezza, al godimento puro che solo una buona storia sa regalare, va così di pari passo col diritto al peso, alla profondità e alla serietà: a quella serietà – anche del gioco – che ha a che fare col rispetto dell’intelligenza e della sensibilità infantili, e col diritto alla bellezza che riguarda tutti e a cui una letteratura che voglia dirsi tale, a maggior ragione se rivolta all’infanzia, dovrebbe sempre ambire

Martino Negri
(Festa BaB2022)

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